Lo scorso 4 dicembre, nella rubrica "Non solo calcio" curata da Fausto Narducci sulla Gazzetta dello Sport ogni sabato, è spuntata una lettera di una giovane sciatrice azzurra, oggi ritiratasi dall'attività, Giulia Candiago, classe 1986, di Montebelluna, come Aldo Serena, ma residente a Treviso, capace di vincere un SuperG in Coppa Europa (14-12-2007 a Davos, in Svizzera) e di esordire poco dopo in Coppa del Mondo (29-12-2007), con un dignitosissimo 38esimo posto nello slalom vinto a Lienz, in Austria, da Chiara Costazza. Noi abbiamo deciso di darle ancora spazio per farci raccontare non solo i dolori, però, anche le gioie dell'attività agonistica.
di Giulia Candiago
Ho scritto una lettera alla Gazzetta dello Sport (http://archiviostorico.gazzetta.it/2010/dicembre/04/LETTERE_Non_Solo_Calcio_ga_10_101204366.shtml) in relazione all’intervista fatta a Giorgio Gros per la rubrica Sport&Disagio. Appena ho letto quell’intervista si è scatenata la tastiera del computer, perché è un argomento che mi sta talmente a cuore che non sono proprio riuscita a stare con le mani in mano.
Le mie parole sono nate da un caso personale, ma anche generale di cui non si parla spesso per omertà verso delle istituzioni che fanno paura, ma in realtà hanno secondo me bisogno di ascoltare i veri protagonisti per riuscire a migliorare al loro interno.
Irene Curtoni e Giulia Candiago a Rovaniemi, in Finlandia, per la Coppa Europa 2007-2008
La paura è da parte degli allenatori e soprattutto dagli atleti che non sono tutelati e vivono costantemente con la pressione di un passo falso e quindi la successiva esclusione. Non ci sono regole o comunque non sono definite; esistono per entrare in squadra nazionale attraverso graduatorie, ma non ci sono negli anni successivi, quando è il momento veramente formativo per un atleta dato che gli anni giovanili sono una fase fondamentale e introduttiva al mondo dei “giganti”. Sono consapevole del fatto che i risultati parlano piu di qualsiasi cosa e sono ancora più consapevole del fatto che anche aspettando la maturità dell’atleta a un certo punto bisogna arrivare a tirare le somme; ma la domanda che mi viene spontanea è: l’italia aspetta la maturazione? L'Italia fa crescere nel modo giusto il suo vivaio di atleti?
A parere mio non c’è un programma e quindi vi è una grande confusione nella gestione soprattutto delle squadre C e B, ovvero il settore giovanile, l’anticamera della coppa del Mondo e qundi le squadre più importanti, poiché sarebbero quelle preposte a sfornare i futuri campioni; dico sarebbero perché appena hai quel famoso “momento no” che può essere determinato da un infortunio o un cedimento psicologico o da problemi personali le famose federazioni declinano il problema ad altri. Fortunatamente esistono i gruppi sportivi che aiutano gli atleti appartenenti all’arma. Anche loro, però, in un momento di crisi come questo, hanno difficoltà economiche nel sostenere il recupero e di conseguenza diventa un grande impegno, oltre che psicologico anche economico, rimettersi in gioco. Lo stipendio mensile dei gruppi militari non basta a sostenere le spese per continuare ad allenarsi e gareggiare ad alto livello.
Ho fatto una panoramica del mondo sci con qualche nota negativa, ma non posso negare quanto mi abbia arricchito l’esperienza in questo fantastico sport. Ho vissuto nello sci da quando ero piccolina come la maggior parte degli sciatori anche se ero una “cittadina” e se non fosse stato per la mia famiglia ovviamente non avrei potuto godere di questa esperienza meravigliosa. È una vita sotto tanti aspetti dura perché sei sempre lontano da casa, lontano dai tuoi amici e dalla famiglia e con molta probabilità stai vivendo con persone completamente diverse da te che per certi aspetti possono anche non piacerti ,ma impari a convivere e trovare le caratteristiche positive di tutti e di tutto, dalle persone più strane ai posti più sconfinati. Viaggi per il mondo, conosci tantissime persone e sviluppi la tua adattabilità e flessibilità a tutto quello che può succedere: insomma è una grandissima scuola di vita perché nell’imprevisto della quotidianità devi continuare a mantenere la concentrazione per la tua prestazione, il tuo obbiettivo. La cosa fondemantale è che emoziona con le E maiuscola: adrenalina, gioia, soddisfazione, delusione, rabbia e tutto questo può avvenire nell’arco di pochi minuti e tutto assieme e posso assicurare che è tutto fortissimo!
Ho smesso la scorsa stagione perché, sebbene amassi questo sport più di qualsiasi cosa, ero arrivata a capire che stavo affrontando una lotta contro i mulini a vento. Dopo che non fai più parte della squadra nazionale è veramente difficile tornarci dentro; difficile, ma non impossibile: infatti ci sono stati dei casi di atleti riammessi che hanno tutto il mio rispetto ed erano supportati da persone affidabili e sempre presenti. Non voglio dare la colpa a nessuno se non a me stessa: probabilmente non sono riuscita a trovare persone che mi aiutassero a rimettermi in gioco. Per una serie di problematiche ci siamo ritrovate io ed Anna Marconi, la mia fedele compagna, ad affrontare una stagione praticamente da sole che si è rivelata veramente molto difficile.
Ho maturato piano piano la consapevolezza che questa fantastica parentesi stava finendo e che mi sarei dovuta rimboccare le maniche per crearmi un nuovo capitolo. Ho avuto un periodio ricco di dubbi e incertezze: lasciare il mondo che conosci per uno di cui non sai nulla non sempre è facile, anzi, ma in tanti lo fanno e ci riescono.
Quindi eccomi qui ora in un nuovo capitolo della mia vita. Ho iniziato a settembre il master in Strategie e Business per lo sport a Treviso e sono veramente entusiasta per tutto quello che sto apprendendo strada facendo; cresce sempre più in me la curiosità nell’imparare e applicarmi in settori che fino a questo momento mi erano completamente estranei. Devo proprio dirlo che si chiude una porta, ma si apre un portone: l’importante è non darsi mai per vinti e tutto questo l’ho imparato grazie allo sport.
Cosa ne pensate? Lasciate il vostro commento sotto questo post, nell'apposito spazio. Grazie!!!
Sei una grande Giulietta!!!!!!! un bacione e in bocca al lupo per tutto.
RispondiEliminaStefi
You are right. I wish you all the best for your new future.
RispondiEliminaEric.
io lavoro in fabbrica e sono sottoposto a continui straordinari per pagare il mutuo e mantenere la mia famiglia. Anche io subisco la pressione psicologica generata dai 1300 euro che porto a casa con 50 ore di lavoro la settimana.
RispondiEliminaAmo lo sci che praticavo da giovane e mi dispiace leggere di sportivi (che considero dei privilegiati) che vorrebbero crescere senza pressioni, lo vorrei anche io ed anche i miei 50 colleghi di reparto. dura la vita dello sportivo. Mah, io penso che lo sport per amore e per passione si possa fare anche facendo un altro lavoro, se invece si vuole farlo di professione non trovo giusto lamentarsi della forzata ricerca del risultato.
caro fabio...io penso che uno sportivo sia cmq spinto dalla voglia di risultato e di vittoria....è giusto il detto "l'importante è partecipare" ma se continui a partecipare senza soddisfazioni dubito che tu vada avanti!
RispondiEliminalo sportivo professionista deve portare a casa il risultato e quindi deve essere nelle condizioni di farlo...e sicuramente avere pressioni negative non aiutano la prestazione.
il mio articolo era per fare capire che gli sportivi sono dei privilegiati perchè possono fare quello che davvero gli piace ma non poterlo più fare o arrivare a smettere per pressioni negative non penso sia molto giusto.
in ogni caso chi non è mai stato nello sport ad alti livelli dubito che possa capire determinati meccanismi.
E' vero solo chi ha fatto l'alto livello può capire certi meccanismi.
RispondiEliminaDi contro solo chi ha lavorato può capire che le pressioni dei titolari deve tenersele e non può lamentarsi, visto che dal lavoro non si può scappare...
il lavoro dell'atleta è lo sport che ha scelto, così come quello dell'artista è di produrre opere, dello scrittore scrivere, del musicista comporre...sono persone fortunate che hanno potuto abbinare il talento al sacrificio personale e fare così il lavoro che hanno sempre sognato.
RispondiEliminala vita dell'atleta non è né più facile né più difficile di quella di un operaio, è solo diversa: le pressioni le hai lo stesso perchè se il risultato non arriva te ne torni a casa: senza stipendio, senza lavoro e quando vai a cercarne uno ti ridono in faccia perché secondo loro non hai fatto nulla fino a quel momento...ti devi re-inventare da zero.
se il privilegio sta nell'avere talento, ben venga chi ha il coraggio di metterlo in gioco e ben venga chi, come giulia, ha la faccia tosta di dire che a volte neppure questo basta. Parlare di questi meccanismi fa bene allo sci; sono sempre troppi i talenti che vengono "bruciati" e molti ancora prima di arrivare alla maggiore età, quando l'unica preoccupazione dei loro coetanei è andare a scuola...
Brutto terreno quello su cui ti sei inoltrata cara Giulia..... qui si potrebbero fare centinaia , migliaia di valutazioni e si troverebbe sempre il contrario di tutto. Ammiro chi prende la decisione di smettere una attività sicura e "relativamente" tranquilla per rimettersi in gioco e soprattutto riuscirci , come hai fatto tu. Ammiro altresì chi si fà un mazzo così in fabbrica , senza magari sicurezza di un lavoro sicuro e con la prospettiva di "cercar di provare " a trovarsene un altro....Devo anche dire che ci sono "sportivi" più fortunati di noi.....che quadagnano miliardi e si permettono di pronunciare la parola "sciopero". Io sono stato uno sportivo fortunato perchè sono riuscito ad avere risultato in uno sport che non ti permette di vivere soltanto con il guadagno realizzato con le vincite e tutt'oggi devo lavorare per vivere.....Ringrazio le istituzioni che mi hanno dato la possibilità di mantenermi e arrivare ( spero ) alla pensione. Un punto mi ha colpito di " anonimo " e cioè la difficoltà di reinventarsi e ripartire da zero e che le persone ti ridono dietro , perchè per loro non hai fatto niente.....E' proprio così , io per lo sport non ho potuto continuare gli studi ( 2a geometri ) e ho avuto almeno la fortuna di lavorare con mio padre per imparare un mestiere ( piastrellista ) che alla peggio mi consentirà di ( una volta uscito dalle istituzioni ) vivere arrotondando qualcosa. Ripeto, anche in una storia di sport come questa ci sono figli e figliastri anche e soprattutto a seconda dello sport praticato....In bocca al lupo da uno che non ha dovuto reinventarsi , ma che deve continuare a faticare per vivere , pur essendo stato qualcuno nello sport......
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